DICHIARAZIONI D'INTENTO: lo stato dell'arte della disciplina IVA

21/02/2021
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Dopo anni di continue modifiche alla disciplina Iva delle lettere di intento (o dichiarazioni d'intento) riteniamo opportuno effettuare una breve sintesi dell’attuale loro regolamentazione.

Premessa, lo scenario in estrema sintesi

La disciplina Iva prevede la non imponibilità di numerose operazioni internazionali, come ad esempio la cessione all’esportazione di beni o la vendita di beni a soggetti passivi stabiliti in altri Paesi dell’Unione Europea. Un soggetto nazionale che effettui numerose di queste vendite verso l’estero non applica (né incassa) l’Iva su tali transazioni. Nel momento in cui questo soggetto si approvvigionasse sul mercato interno (fornitori nazionali), pagando l’Iva sui relativi acquisti, si troverebbe conseguentemente esposto alla generazione di un più o meno importante credito verso l’Erario (Iva pagata sugli approvvigionamenti non compensabile con Iva incassata sulle vendite all’estero).

Per ovviare a questa cronica produzione di credito Iva, con le ovvie conseguenze finanziarie, è disposta una particolare disciplina che identifica i cosiddetti “esportatori abituali”, cioè quei soggetti passivi che, operando per larga parte le proprie operazioni verso l’estero (e perciò non imponibili ad Iva), possono acquistare sul mercato nazionale richiedendo che non venga applicata l’Iva, anche se l’operazione è territorialmente rilevante in Italia (si dovrebbe pertanto applicare l’Iva).

Per completezza è bene dire che gli approvvigionamenti senza Iva possono essere fatti dall’esportatore abituale nei limiti di un importo annuo, definito “Plafond”, che dipende dall’ammontare complessivo delle rilevanti operazioni di vendita non imponibili ad Iva effettuate nel periodo d’imposta precedente.

Affinché un soggetto, qualificato esportatore abituale, possa mettere in atto un acquisto da fornitore nazionale senza applicazione dell'Iva, il primo dovrà comunicare al secondo tale volontà. Sono proprio questa comunicazione e la sua procedura che negli ultimi anni hanno subito modifiche a più riprese.

La lettera di intento (o dichiarazione d’intento) – lo stato attuale:

Attualmente l’esportatore abituale deve:

  • Trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate, su apposito modello, la “Dichiarazione di Intento” e verificarne l’avvenuta ricezione (ricevuta dal sistema Entratel);
  • Comunicare al proprio fornitore (anche in modo informale, es. email) la propria volontà di effettuare uno, o più acquisti in regime di non imponibilità Iva (art. 8, lett. C, D.P.R. 633/72).

Il fornitore Italiano dell’esportatore abituale deve invece:

  • verificare nel sistema telematico dell’Agenzia delle Entrate (nel proprio “cassetto fiscale”) l’avvenuta trasmissione-ricezione della dichiarazione d’intento dell’acquirente che richiede l’agevolazione Iva in fase di acquisto;
  • ripotare nella fattura di vendita il riferimento, per quella dichiarazione d’intento, al relativo protocollo telematico di ricezione, oltre al titolo di non imponibilità Iva art 8, lett. C, D.P.R. 633/72.

E’ pratica comune che l’esportatore, onde agevolare il fornitore, ancora invii facoltativamente al proprio fornitore copia della dichiarazione d’intento da lui inviata telematicamente al sistema dell’Agenzia delle Entrate, inclusa la ricevuta di invio.

E’ bene precisare che, oltre al versamento dell’Iva originariamente non applicata, sono previste sanzioni dal 100% al 200% dell’imposta per il fornitore cha abbia eseguito la fornitura verso il proprio cliente esportatore abituale, in regime di non imponibilità Iva, in assenza di regolare dichiarazione d’intento.

Le medesime sanzioni sono inoltre applicabili anche per il fornitore che non abbia effettuato il previsto riscontro nel proprio cassetto fiscale della ricezione della dovuta lettera d’intento. E’ pertanto importantissimo che il fornitore dell’esportatore abituale mantenga sempre documentazione dell’avvenuta interrogazione del proprio cassetto fiscale in data anteriore alla fornitura di beni in non imponibilità Iva art 8, lett. C, D.P.R. 633/72.

Numerazione, Registro e dichiarazione delle Dichiarazione d’intento

E’ oggi soppresso l’obbligo di dare una numerazione progressiva (protocollo) alle dichiarazioni d’intento emesse ed anche ricevute.

E’ inoltre soppresso il registro delle dichiarazioni d’intento sia per l’emittente (esportatore abituale) che per il ricevente (fornitore).

Anche nella Dichiarazione annuale Iva è soppressa l’indicazione di dettaglio di tutte le lettere d’intento.

L’aggiunta di plafond ad un determinato fornitore

L’esportatore non è tenuto ad indicare l’intero suo plafond disponibile in una singola dichiarazione d’intento rivolta ad un determinato fornitore.

Semmai dovesse decidere ulteriori acquisti senza Iva, potrà incrementare il plafond verso quel determinato fornitore inviando telematicamente una nuova dichiarazione d’intento con riportato il plafond aggiuntivo. Nel modello NON deve essere barrata la casella “Dichiarazione integrativa” che altrimenti “sovrascriverebbe” la precedente dichiarazione d’intento inviata (e già utilizzata), di fatto sostituendola. Con una seconda (o terza…) dichiarazione, invece, si aggiungerà plafond al fornitore affinché egli possa legittimamente non applicare Iva nella/e nuova/e transazione/i.

La revoca di una dichiarazione d’intento

La ripartizione del plafond disponibile è spesso operata dall’esportatore abituale in anticipo rispetto alle necessità effettive. Nella pratica, all’inizio dell’anno, vengono inviate dichiarazione d’intento ai fornitori principali, ripartendo il plafond tra loro in modo spesso superiore all’ammontare complessivo effettivamente disponibile. Le forniture sono spesso non così programmabili e questa strategia consente comunque di gestire al meglio l’agevolazione Iva in oggetto.

D’altro canto ciò comporta anche la necessità di monitorare il consumo dell’intero plafond disponibile all’esportatore abituale per effettuare acquisti in non imponibilità Iva per quell’anno e così non “splafonare”.

In questi casi non è infrequente che il plafond comunicato verso un determinato fornitore debba ad un certo punto essere stoppato, meglio revocato.

La revoca può essere portata a conoscenza del fornitore con qualsiasi mezzo (una semplice email ad esempio). La revoca ha immediato effetto per il fornitore, sin dal momento in cui è portata a sua conoscenza. La revoca può essere anche solo parziale e riguardare anche solo talune operazioni. La revoca può addirittura avvenire per comportamento concludente (pagamento della fornitura inclusivo di Iva).

Divieto di dichiarazione d’intento per talune operazioni

L’art. 8, lett. C del D.P.R. &33/72 non consente l’acquisto in non imponibilità Iva, a seguito di dichiarazione d’intento da parte dell’esportatore abituale, di fabbricati ed aree fabbricabili. L’Agenzia delle Entrate ha interpretato che tale divieto sia applicabile anche nel caso di acquisizione di quei beni con contratti di leasing o nel caso di edificazione in appalto. Talune sentenze della Cassazione si sono invece espresse favorevolmente (a leasing ed appalto immobiliari). Un approccio prudenziale suggerisce dunque di valutare bene l’utilizzo del plafond in questi casi, al fine di evitare probabili contenziosi in caso di verifica.

In aggiunta è bene sottolineare che neppure i beni ad Iva oggettivamente indetraibile possono essere acquistati in non imponibilità con Dichiarazione d’intento (es. autovetture, cellulari...).

Recenti orientamenti giurisprudenziali

Corre l’obbligo notare una recente sentenza giurisprudenziale (Ctr Milano 3175/1/2020 dep. 24/12/20) in cui è evidenziato comunque l’obbligo addizionale del fornitore di esportatore abituale di indagare, secondo la normale diligenza commerciale, sul proprio cliente che richieda transazioni non imponibili a fronte di lettera d’intento. Nel caso specifico, l’iniziale raccolta della visura camerale del cliente, del bilancio d’esercizio e della dichiarazione Iva da questi presentata da cui si evinceva la qualifica di esportatore abituale, sono stati ritenuti sufficienti (oltre logicamente alla dichiarazione d’intento ricevuta e suo riscontro telematico) per esonerare da colpa il fornitore che abbia emesso fatture non imponibili Iva a fronte del comportamento fraudolento del proprio cliente (che aveva falsificato quelle Dichiarazioni d’intento).

Visto tale orientamento sarebbe consigliabile comunque instaurare un file per ciascun cliente esportatore abituale, con i documenti che giustifichino, oltre ogni ragionevole dubbio, la fatturazione non imponibile ad Iva. 

La Legge Finanziaria 2021

Nell’ultima Legge finanziarie sono contenute norme di contrasto all’utilizzo fraudolento della disciplina degli esportatori abituali, in particolare:

  • apposite azioni investigative degli organi verificatori per l’individuazione di esportatori abituali fasulli;
  • possibilità di inibire l’emissione di dichiarazioni d’intento;
  • inibizione di emissione di fatture elettroniche quando citino protocolli di dichiarazioni d’intento invalidate dall’Agenzia delle Entrate;
  • assunzione di personale per formare squadre investigative specializzate in materia.


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