L'effettuazione di operazioni di vendita internazionale senza l'applicazione dell'Iva nazionale è questione delicata e che costringe il contribuente a dotarsi di una serie di prove che giustificano l'adozione dei vari regimi di non imponibilità Iva. E' così per le operazioni di esportazione di beni ed è così anche per le operazioni di vendita intracomunitarie di merci. La mancata dimostrazione documentale che una determinata operazione di cessione di beni intraunionale non imponibile ad Iva si sia conclusa con il loro invio in altro stato membro, potrebbe portare, in caso di verifica, alla richiesta dell'Iva non applicata in fattura (e mai incassata dal cliente), alle relative sanzioni ed interessi.
In particolare in riferimento alle cessioni IntraUE di beni verso soggetti business identificati in altro Paese europeo è intervenuto recentemente il legislatore comunitario introducendo, con il nuovo art. 45-bis al Regolamento UE n.282/2011, una precisa disciplina dell’onere probatorio documentale, da assolvere relativamente alle cessioni intracomunitarie di beni ex articolo 138 della direttiva 2006/112/CE, con decorrenza 1° gennaio 2020.
In altra occasione abbiamo già elencato i mezzi di prova ritenuti obbligatori dalla nuova disciplina comunitaria.
La scrupolosa osservanza di quanto previsto dal Regolamento in oggetto è però spesso assai difficile. La stessa Agenzia delle Entrate è intervenuta a parziale mitigazione di un regolamento tanto rigido. Attraverso la risposta ad interpello n. 141/E, del 03/03/2021, ribadendo il contenuto della propria precedente circolare n. 12/E/2020, ha affermato che “in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’articolo 45-bis, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti, la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto comunitario è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’amministrazione finanziaria”.
Seguendo dunque questa apertura dell’Agenzia delle Entrate ed anche la nostra esperienza recente con i verificatori fiscali, vogliamo sottolineare l’importanza di una scrupolosa raccolta e conservazione, per ogni vendita di beni intracomunitaria, tra gli altri, dei seguenti documenti:
La questione si complica notevolmente quando la resa dei beni sia EXW (Franco fabbrica) e cioè la vendita preveda da parte del venditore la messa a disposizione dei beni presso i propri magazzini, ma sia poi il compratore UE a ritirare le merci (con mezzi propri o proprio vettore) per portarle in altro stato UE:
In questo caso l’acquirente deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione (termine non tassativo), una dichiarazione scritta che attesti il trasporto dei beni nello Stato membro di destinazione, dalla quale devono risultare:
La raccolta della documentazione è infine obbligatoria anche quando la merce, prima di abbandonare il territorio nazionale è consegnata ad un lavorante nazionale del cliente estero (cessioni intracomunitarie triangolari con lavorazione). La collaborazione con il lavorante dovrà pertanto essere molto stretta in modo da poter acquisire i documenti attestanti la spedizione come elencati in precedenza.
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