Recentemente l’Agenzia delle Entrata si è pronunciata in merito a una particolare tipologia delle società tra professionisti, la Società tra Avvocati (S.T.A.). Con la risoluzione n. 35 del 2018 viene così chiarito che la società tra professionisti legali costituisce attività d’impresa. La motivazione che l’Agenzia adduce è che diviene prevalente la veste giuridica dell’ente, e quindi l’esercizio dell’attività in forma societaria commerciale, piuttosto che l’esercizio di un professione intellettuale ordinistica.
Questa risoluzione è in realtà la risposta ad un quesito (interpello) formulato da un contribuente in merito alla definizione della tipologia di reddito prodotto dalle nuove società tra avvocati, costituite in ossequio della Legge n. 247 del 2012.
Il problema nasceva da precedenti interpretazioni altalenanti fornite dalla stessa Agenzia delle Entrate che aveva risposto prima che la tipologia di reddito prodotto fosse di lavoro autonomo (risoluzione n. 118 del 2003) e successivamente che lo stesso reddito (di società tra professionisti) fosse di impresa. La questione è del tutto rilevante essendo molto diversa sia la disciplina di determinazione dei due redditi, che quella di tassazione degli stessi.
Ricordiamo in proposito che l’esercizio della professione di avvocato è consentita dalla legge 247 del 2012 anche in forma societaria (oltre che in forma autonoma o di studio professionale associato). In particolare sono consentite le forme di società di persone, società di capitali e le cooperative a patto che:
L’agenzia delle Entrate, terminata l’analisi del dettato normativo, afferma che comunque le Società tra avvocati (S.T.A.), di cui alla legge n. 247 del 2012, non rappresentano una nuova fattispecie giuridica autonoma, ma in realtà debbano inquadrarsi tra le società già tipizzate dal Codice Civile, e pertanto ne seguono la prevista disciplina legale. In altre parole ad esempio una società tra avvocati costituita nella forma della società a responsabilità limitata sarà soggetta alla regolamentazione civilistica già prevista per le S.R.L., non rappresentando un genere societario propriamente autonomo.
D'altronde la Legge n. 247 del 2012 definisce quella che sicuramente può essere definita come una nuova società tra avvocati, diversa dalla precedente società tra avvocati disciplinata dal D. Lgs. n. 96 del 2001. Quest’ultima normativa infatti introduceva nell'ordinamento una entità giuridica autonoma, riferendosi alla società in nome collettivo solo per definirne le regole organizzative, amministrative e di funzionamento. E su questa fattispecie l’Agenzia delle Entrate ebbe a pronunciarsi con risoluzione n. 118 del 2003 (citata sopra) a favore del reddito di lavoro autonomo.
Conseguenza logica di questa interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è che l’esercizio della professione di avvocato in veste di società commerciale, costituita in ossequio alla legge n. 247 del 2012, è attività d’impresa e produce reddito della medesima categoria.
Ciò significa che le nuove società tra avvocati (S.T.A.) producono dunque, ai fini fiscali, reddito d’impresa, che va determinato secondo le regole proprie della tipologia societaria adottata, con le logiche conseguenze ai fini Irpef e/o Ires ed anche ai fini Irap.
Pertanto, tornando all'esempio di prima, una S.R.L. costituita per l’esercizio dell’attività forense rientrerà nel regime di determinazione del reddito previsto dal Testo unico delle imposte sui redditi per le società di capitali, con conseguente tassazione Ires del reddito conseguito e sarà assoggettato ad Irap il valore della produzione determinato secondo le regole proprie delle S.R.L. (derivazione dal bilancio).
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